giovedì 28 febbraio 2019

Tre piccole isole all’avanguardia per l'energia pulita

Tra le ventisei località europee selezionate per ricevere un ausilio nella transizione energetica, grazie allo sportello unico “Clean Energy for Eu Islands Secretariat”, risultano le tre isole italiane di Favignana, Pantelleria e Salina, “pioniere” nel passaggio dai combustibili fossili all'energia pulita.

Quali sarebbero i vantaggi di questa decisione? In primo luogo, l’autosufficienza delle tre località nella produzione dell’energia; in secondo luogo, l’importantissima salvaguardia dell’ambiente; in terzo luogo, una riduzione dei consumi da non sottovalutare. Secondo alcuni studi, nel territorio dell’Unione Europea sono ben 2200 le isole abitate che, nonostante l’abbondanza di fonti rinnovabili, dipendono dagli ormai obsoleti combustibili fossili. L’energia eolica, di cui molte località beneficiano, l’energia solare o il moto ondoso, vero punto a favore di queste isole, sarebbero in cima alle fonti da cui trarre un’energia “pulita”. Questa iniziativa lodevole deve fungere da modello per tante realtà che potrebbero usufruirne: non è da escludere, infatti, che anche altre città costiere possano dotarsi di impianti di questo tipo. Anzi, è auspicabile che ciò avvenga, visti i risultati abbastanza positivi già conseguiti dal belpaese per quanto riguarda le energie rinnovabili. [Link all’articolo precedente: https://avapertisverbis.blogspot.com/2019/02/le-risorse-rinnovabili-quali-sono.html ]

Ora, dopo aver stilato gli scenari energetici, le tre isole potranno ricevere assistenza tecnica e consulenza, oltre a venire seguite passo passo per la redazione di un’agenda per la transizione energetica. Infatti, è d’uopo programmare attentamente e minuziosamente il raggiungimento degli obiettivi e di accedere alle sovvenzioni comunitarie. Non è escluso che questa esperienza possa suscitare l’interesse di gruppi energetici internazionali, interessati in questo modello sperimentale. In ogni caso, sembra che non ci sarà l’annullamento “totale” del gasolio, a favore di un passaggio netto all’energia pulita, ma ci sarà un’azione di incremento del mix delle due. Il Politecnico di Torino sostiene che Pantelleria sia un "caso-studio ideale" per la transizione energetica "completa e ambiziosa". Restiamo fiduciosi riguardo questo tentativo che, se dovesse dare i risultati sperati, potrebbe far scuola nel resto d'Italia!






mercoledì 27 febbraio 2019

Lettura & Internet, accoppiata vincente?

Negli ultimi anni si sta diffondendo maggiormente il consumo di prodotti editoriali digitali, tanto che nel 2017 più di 6 milioni di persone (da 6 anni in su), che equivalgono allo 10,8%, hanno letto libri online o scaricato ebook. Questi dati certificano una crescita evidente rispetto alla percentuale dell’8,2% registrata nel 2015. Ma questa nuova pratica, che privilegia il digitale, coinvolge davvero tutte le fasce di lettori? Non proprio: infatti, i dati dimostrano che la lettura di libri on line od in formato ebook è maggiormente diffusa tra i giovani, con il 24% circa tra i 15 e i 17 anni, il 23% circa tra i 18 e i 19 anni e il 20,7% tra i 20 e i 24 anni. E inoltre, guardando all’aspetto territoriale, la lettura di questi nuovi prodotti riguarda il 13% circa di abitanti del Nord-Est e l’8% circa degli abitanti del Mezzogiorno e delle Isole.
Analizzando i dati dal lato opposto, cioè degli editori, nel 2017 quasi 27mila titoli (38,3% delle opere a stampa pubblicate in Italia) sono stati presentati anche in formato e-book, a fronte dei circa 22 mila nel 2016 (35,8%), 17 mila nel 2015 (30%) e 15 mila nel 2013 (21,1%). Oltre il 90% dei libri disponibili in formato digitale è stato pubblicato dai grandi editori. Inoltre, il 15% e-book realizzati nel 2017 presenta contenuti aggiuntivi rispetto alla versione cartacea della stessa opera.

Visti questi dati, il lettore italiano preferisce ancora acquistare il libro cartaceo, che di per sé ha un “valore” (in particolare affettivo), ma non disdegna il formato digitale. Analizzando i pro e i contro, se decidessimo di optare per gli ebooks non ci sarebbe bisogno di grandi librerie dove disporre i nostri libri, anche se spesso, di contro, il lettore ama disporre i suoi libri sugli scaffali e riprenderli di tanto in tanto. Inoltre, è evidente che acquistare un ebook sia meno costoso di un libro e, a differenza di quest’ultimo, sia possibile ingrandirlo e facilitare la lettura a chi risente di problemi di vista. Ma il libro cartaceo mantiene il suo fascino, che deriva dalla bellezza di sfogliarne le pagine o sentirne l’odore (in particolare dei libri più datati). D’altro canto, però, con l’ebook si evita lo spreco della carta e, senza alcun dubbio, è preferibile avere un ebook reader durante i viaggi, piuttosto che portare con sé vari libri per “ingannare il tempo”. Al di là di quanto finora espresso, la vendita degli ebooks sembra non decollare a causa della mancanza di perfezione degli ebook reader. In futuro questi dati miglioreranno? Ritengo di sì.                 





lunedì 25 febbraio 2019

Più della metà dei Comuni italiani non applica “eco-criteri”

Il primo rapporto sul monitoraggio circa l’applicazione dei Criteri minimi ambientali, obbligatori secondo l’art.34 del Codice degli appalti (D. Lgs 50/2016), fotografa la triste realtà: il 55% dei Comuni non applica i Criteri ambientali minimi (Cam) in nessuna categoria merceologica.

I CAM (I criteri ambientali minimi), adottati con Decreto del Ministro dell’Ambiente, sono alcuni requisiti ambientali che vanno rispettati e osservati nella scelta di determinati progetti, prodotti o servizi che, per loro natura, possono avere un impatto con l’ambiente. Applicandoli sistematicamente, è possibile diffondere maggiormente le tecnologie ambientali facendo leva sul mercato, così da indurre la maggioranza degli operatori economici ad adeguarsi alle nuove richieste della PA.

Misure come questa necessitano di notevole attenzione: infatti, l’unico modo per incrementare lo sviluppo sostenibile è puntare con determinazione sulla green economy. I Cam possono essere uno strumento importante, se decisivi nell’aggiudicazione dei bandi in vari settori quali l’edilizia o i trasporti, che ad oggi registrano rispettivamente il 5% e il 6% di applicazione di questi criteri.

Di contro, i bandi che prestano già attenzione nei confronti di questi “eco-criteri” riguardano la fornitura di carta per gli uffici (60%), la ristorazione (50%), le apparecchiature elettriche ed elettroniche per gli uffici (43%), gli arredi (43%) e il servizio di gestione dei rifiuti (42%).

Al di là dei criteri sopracitati, altri Cam in vigore sono diversi, tra i quali ausili per l’incontinenza (fornitura); calzature da lavoro e accessori in pelle (fornitura); cartucce per stampanti, forniture sia laser che a getto di inchiostro, incluso il ritiro di cartucce esauste; illuminazione pubblica, fornitura e progettazione e illuminazione pubblica relativamente ai servizi; illuminazione, riscaldamento/raffrescamento per edifici; servizio di pulizia per edifici e la fornitura di prodotti per l’igiene; sanificazione strutture sanitarie e fornitura di detergenti; prodotti tessili (forniture); verde pubblico, gestione, acquisti correlati, irrigazione. Marco Boschini, quale coordinatore dell'associazione dei Comuni virtuosi, afferma che “affinché la legge sui Cam trovi effettiva applicazione, occorre una visione di insieme”. A suo dire, infatti, “serve senso di responsabilità e convergenza di vedute". Le sue argomentazioni sembrano più che condivisibili: infatti, senza un senso di responsabilità comune non sarà possibile pervenire ad un risultato positivo. L'obiettivo comune dovrebbe convergere verso l'adozione dei Cam, al 100%, almeno in alcune materie nelle quali già il lavoro fatto è abbastanza positivo, in modo tale da imprimere una vera svolta al rapporto tra i Comuni e l'ambiente circostante. Mi auguro che i nostri amministratori prendano contezza della situazione e si adoperino affinché il rispetto dei Cam sia effettivo.  


Criteri ambientali minimi (Cam)

domenica 24 febbraio 2019

Il Registro Elettronico, primo risultato per la tracciabilità dei rifiuti speciali


Le norme riguardanti la tracciabilità dei rifiuti speciali delle imprese cambiano, in seguito alla conversione in legge del decreto “Semplificazioni” (d.l. 14 dicembre 2018 n. 135), che conferma l’abrogazione del Sistri.

In un articolo precedente ho trattato la definizione di rifiuti speciali e quali vadano considerati tali [https://avapertisverbis.blogspot.com/2019/02/cosa-sono-i-rifiuti.html]. È indubbio che l’arrivo di un nuovo sistema per la gestione dei rifiuti speciali cambi molte cose. Infatti, è stato istituito il “Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti” che verrà amministrato senza intermediari dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dovranno registrarsi a questo registro elettronico tutti gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti; enti e imprese commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi; coloro che producono rifiuti pericolosi; enti e imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale; consorzi istituiti per il recupero e il riciclo di particolari tipologie di rifiuti; per quanto concerne i rifiuti non pericolosi, i soggetti previsti all’art.189, co. 3 del D.lgs. 152/2006.
Quali sono le differenze con il Sistri? A differenza di quanto si verificava precedentemente, la registrazione al Registro elettronico è obbligatoria per tutte le aziende che producono rifiuti pericolosi, a prescindere dal numero di dipendenti, ma rimane facoltativa per coloro che producono rifiuti non pericolosi. Per statuire i termini di iscrizione, l’ammontare del contributo, le sanzioni e quant’altro, si renderà necessario un decreto del Ministero dell’Ambiente. Fin quando il nuovo registro non sarà operativo, coloro che sono soggetti alla tracciabilità useranno il vecchio sistema.

Le parole del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa lasciano ben sperare. Egli sostiene che “il Sistri è stato uno dei più grandi sprechi nella gestione dei rifiuti speciali”, mai entrato effettivamente in funzione, ma che "ha comportato costi sostenuti dalle imprese coinvolte e dallo Stato, che hanno superato i 141 milioni di euro dal 2010 ad oggi.” Secondo i calcoli effettuati dal Ministero, la tracciabilità, con il sistema attuale, è del 65% dei rifiuti speciali, ma “l’obiettivo è arrivare almeno al 90% facendo risparmiare soldi e tempo alle aziende”. Costa, in ultimo, aggiunge che “la strada indicata è quella di una sorta di Sistri 2.0, che digitalizzi l’intera tracciabilità dei rifiuti e i documenti fiscali, superando in tal modo il doppio binario cartaceo/digitale e il registro di carico e scarico”.

Questo nuovo sistema sembra avere le carte in regola per fare meglio del precedente. Speriamo che possa esserci un miglioramento effettivo circa la tracciabilità dei rifiuti speciali, che deve “arrivare almeno al 90%” come ha sostenuto lo stesso Costa. Attendiamo nuovi sviluppi. 

Registro Elettronico, un primo risultato per la tracciabilità dei rifiuti speciali




sabato 23 febbraio 2019

La lettura e la produzione dei libri in Italia

Numeri e riflessioni.

Gli italiani leggono? Quanti libri leggono? E le case editrici quanti libri pubblicano? Dopo essermi posto queste domande ho deciso di scandagliare a fondo per cercare qualche risposta. In mio soccorso è venuto un rapporto dell’Istat, che descrive nel particolare la realtà odierna.  

Stando alle rilevazioni del 2017, la quota di lettori è pari al 41% della popolazione di 6 anni e più, che hanno letto almeno un libro per motivi non professionali (circa 23 milioni e mezzo). Le donne sembrano più inclini alla lettura, già a partire dai 6 anni: infatti, il divario tra uomini e donne nella propensione alla lettura si è stabilizzato a partire dalla fine degli anni ’80 fino ad arrivare ai 12,6 punti nel 2017. Nel corso dell’anno, il 47% delle donne e poco più del 34% degli uomini ha letto almeno un libro. Passando all’aspetto territoriale, risulta che i residenti nelle regioni del Nord-Est e Nord-Ovest mantengono il primato in termini di abitudine alla lettura (49,0% e 48,0%), mentre il Centro riporta un 44,5% di lettori e il Sud il 28,3% (valore minimo). In relazione alle isole, invece, la Sicilia totalizza il 25,8% e la Sardegna il 44,5%. Una delle cause della propensione alla lettura è, senza dubbio, l’offerta dei servizi di biblioteche e librerie: da un lato, alcuni comuni offrono biblioteche “comunali” accessibili, dall’altro, si sta sviluppando maggiormente la pratica del bookcrossing. Inoltre, al di là del dato territoriale, l’abitudine alla lettura è legata a doppio filo alla propensione della famiglia stessa. Infatti, tra i ragazzi di 11-14 anni legge l’80% di chi ha entrambi i genitori lettori e solo il 39,8% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori.
In merito al settore editoriale, invece, l’Italia conta 1.459 operatori attivi, tra le case editrici, gli enti pubblici e privati, laici e religiosi, le associazioni, le società di persone e le ditte individuali, le società di capitali. Di questi millecinquecento operatori, l’85% non pubblica più di 50 titoli all’anno. Inoltre, più della metà sono “piccoli” editori e un terzo sono “medi” editori, mentre i “grandi” editori rappresentano il 15% degli operatori attivi nel settore, pubblicando più dell’80% dei titoli sul mercato e circa il 90% delle copie stampate. Gli editori considerano le librerie indipendenti e gli store online come i canali di distribuzione su cui puntare per ampliare domanda e pubblico dei lettori. Gli editori credono che la modesta propensione alla lettura del belpaese sia imputabile al “basso livello culturale della popolazione” (quasi il 43% delle risposte) e la mancanza di efficaci politiche scolastiche di educazione alla lettura (più del 38%). Inoltre, gli stessi evidenziano l’inadeguatezza di incentivi pubblici all’acquisto di libri, come detrazioni fiscali e bonus libri (20,8%) e la mancanza di progetti continuativi di promozione della lettura da parte delle istituzioni pubbliche (17,5%). Il 40% degli editori indica, quale soluzione primaria, l’accrescimento delle iniziative e campagne di educazione alla lettura. In ultimo, il 20% dei rispondenti reputa strategici gli interventi finalizzati a prevedere agevolazioni fiscali per gli editori che investono nell'aggiornamento professionale del personale. 

E tu cosa ne pensi? Io credo che la lettura sia un momento imprescindibile nella nostra vita. Infatti, non è solo utile per aggiornare il nostro bagaglio linguistico, ma anche per farci viaggiare senza muoverci dalla poltrona. Ditela verità, in quanti posti siete stati senza dover prendere valigia e aereo? Tantissimi! Credo che oggi, più che mai, siano necessarie politiche di “incentivazione alla lettura”, in particolar modo tra noi giovani.

La lettura e la produzione dei libri in Italia


venerdì 22 febbraio 2019

Ambiente & Diritto, quanto ne sappiamo?

Nel nostro ordinamento, al momento, non esiste una definizione chiara di “ambiente”: se da un lato, la Costituzione non ne prescrive una tutela diretta, dall’altro nella stessa Costituzione, per via giurisprudenziale, si trovano degli articoli che sanciscono una forma di tutela “indiretta” nei confronti dell’ambiente. Perciò, l’art. 9 stabilisce che «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione», l’art. 32 «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» e l'articolo 117 II comma «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: [...] tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Volendo approfondire la questione, la Corte di Cassazione ha affermato che «(ambiente è) il contesto delle risorse naturali e delle stesse opere più significative dell'uomo» (sent. n. 9727/1993) e che «si è distinto tra ambiente quale risulta dalla disciplina relativa al paesaggio, ambiente preso in considerazione dalle norme poste a protezione contro fattori aggressivi (difesa del suolo, dell'aria, dell'acqua etc.), ed ancora, ambiente quale oggetto di disciplina urbanistica e di tutela del territorio».          
Ma quali tipi di norme garantiscono la tutela dell’ambiente? In primo luogo, le c.d. “leggi speciali”, realizzate ad hoc per la tutela di una risorsa, che generalmente prescrivono una sanzione pecuniaria o detentiva per i trasgressori; in secondo luogo, alcune norme codicistiche, rintracciabili nel Codice Penale e nel Codice Civile, che hanno come fine ultimo la tutela degli interessi umani, e solo indirettamente delle risorse ambientali di cui l’uomo dispone.

Nel belpaese, anche se nel 1966 è stata realizzata una legge contro l’inquinamento atmosferico (c.d. antismog, n.615/1966), la prima legge a tutela dell’ambiente è la c.d. Legge Merli, per la tutela delle acque (n.319/1976). Questo atto normativo introduceva norme, poi aggiornate nel corso degli anni, riguardanti gli scarichi di tutte le acque e le fognature. L’anno successivo, un’altra legge ha stabilito che la fauna selvatica fosse patrimonio indispensabile dello Stato, quindi soggetta a tutela statale. In seguito, la legge n.431/1985 (c.d. legge Galasso) ha posto sotto tutela alcuni beni paesaggistici e beni ambientali. Con la legge n.349/86 viene istituito il Ministero per l’Ambiente e vengono stabiliti tre principi fondamentali: il danno arrecato all’ambiente colpisce l’intera collettività, per cui lo Stato (o gli altri enti pubblici) hanno l’obbligo di imporre il risarcimento da parte dell’inquinatore; le associazioni ambientaliste e ogni cittadino possono denunciare gli atti che danneggiano l’ambiente; qualsiasi opera pubblica può essere permessa solo dopo aver valutato l’”impatto ambientale”, cioè la compatibilità dell’opera con l’ambiente circostante, valutata con perizie tecniche. Al Ministero si affianca il SINA (Sistema Informativo Nazionale Ambientale), di cui fanno parte: i PFR (Punti Focali Regionali) e gli ARPA (Agenzie Regionali e Provinciali); e l’ISPRA, Istituto superiore per la protezione e la Ricerca Ambientale, creato nel 2008.

Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare



giovedì 21 febbraio 2019

Leggere e scrivere

È vero che leggere molto migliora il nostro modo di scrivere? 

I grandi scrittori non sono "solo" ottimi conoscitori della grammatica, padroni di morfologia e sintassi, ma riescono a rendere visibile l'invisibile, cioè trasformano le parole in azioni vivide e sequenze chiare nella mente del lettore.
Ma se è vero che saper scrivere è un dono, è altrettanto innegabile che in un grande scrittore si cela un avido lettore. Perciò, per chi desidera acquisire maggiore padronanza linguistica, è necessario leggere, leggere e ancora leggere.        

QUALI SONO I VANTAGGI?
La lettura è foriera di numerosi vantaggi. In primo luogo, leggere molto aiuta ad ampliare il proprio bagaglio linguistico. Infatti, il lettore che "inciampa" in parole di cui non conosce il significato, tende ad informarsi a riguardo. Conoscere molti termini consente di utilizzarli in tutte le varie sfumature, in modo tale da avere tante frecce al proprio arco, senza dover ricorrere ai soliti sostantivi scontati e ad aggettivi triti e ritriti.
Memento: durante la lettura evidenzia le parole che non conosci e cerca il significato, ti aiuterà a memorizzarle.                                                                                                    In secondo luogo, la conoscenza di vari generi dà la possibilità di viaggiare da un "mondo" all'altro, senza abituarsi alle "dinamiche" di un determinato genere. Alla fine, il lettore scoprirà qual è il genere che più lo appassiona.        
Memento: varia spesso genere. In questo modo, riuscirai anche ad inviduare il tuo genere preferito.   
In ultimo, la lettura dei quotidiani è utilissima. I giornali, difatti, oltre ad introdurre il lettore ad un "modo di scrivere" diverso, spesso più diretto e conciso, aprono una finestra sul mondo reale.        
Memento: leggi quanti più quotidiani diversi puoi, anche online va bene.

Ora, in base ai miei gusti, riporto una lista di libri che ritengo necessari per avvicinarsi alla lettura.       


·        Marcovaldo, I. Calvino 

·        Il giro del mondo in 80 giorni, J. Verne      

·        La freccia nera, J.L. Stevenson

·        Assassinio sull'Orient Express, A. Christie 

·        Il richiamo della Foresta, J. London 

·        Le avventure di Tom Sawyer, M. Twain    

·        I pirati della Malesia, E. Salgari       

·        Il richiamo del cuculo, R.G albraith  

·        Robin Hood, A. Dumas 

·        David Copperfield, C. Dickens
Questa lista rappresenta un piccolo consiglio da appassionato della lettura, va da sé che il lettore può scegliere ciò che più lo aggrada come incipit della sua avventura tra i libri.

Cosa sono i rifiuti?

Comprendere a fondo il significato del termine “rifiuto” è necessario per analizzare il suo “ciclo” e le possibilità di un corretto smaltimento. Perciò, si rende sempre più necessario sensibilizzare e informare tutte le fasce della popolazione circa la tematica del riciclo, vero leitmotiv degli ultimi tempi. In particolare, non si dovrebbe prescindere da lezioni e approfondimenti mirati nelle scuole e università, in modo tale da interessare da vicino noi giovanissimi. Al di là di queste brevi considerazioni, ecco una breve panoramica sui rifiuti, un vademecum, da tenere bene a mente.
Innanzitutto, è necessario definire correttamente il “rifiuto”. Il Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale (Testo Unico ambiente) definisce “RIFIUTO” qualsiasi oggetto o sostanza di cui il possessore si disfi oppure abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi (definizione, peraltro, presente nella Direttiva n.2008/98/Ce del 19 novembre 2008). In soldoni, i rifiuti sono materiali di scarto o avanzo prodotti da varie attività umane.
I rifiuti possono essere classificati in base all’origine (rifiuti urbani e speciali) o secondo pericolosità (rifiuti pericolosi e non pericolosi). Classificazione in base all’origine. Quali rifiuti urbani possono essere indicati i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali adibiti ad uso abitativo; i rifiuti provenienti dalla pulizia delle strade, giacenti in aree pubbliche o private ma soggette ad uso pubblico, e i rifiuti presenti sulle spiagge o sulla riva di un corso d’acqua; i rifiuti vegetali; i rifiuti provenienti da attività cimiteriali (esumazioni ed estumulazioni); i rifiuti non pericolosi, provenienti da locali adibiti ad uso non abitativo (assimilati ai r. urbani sia in quantità che in qualità). I rifiuti speciali, invece, possono provenire da attività agro-industriali o agricole (ai sensi dell’art.2135 Cod. Civ.); i rifiuti provenienti da attività di demolizione, costruzione o scavo (vd. D.Lgs già citato); i rifiuti da lavorazioni artigianali o industriali; i rifiuti da attività di servizio o commerciali; i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i rifiuti provenienti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti. Classificazione in base alla pericolosità. I rifiuti pericolosi presentano alcune particolari caratteristiche (presenti nel D.Lgs) che li rendono tali. Tra di essi si annoverano le sostanze esplosive, irritanti, comburenti, nocive, tossiche, infiammabili, sensibilizzanti, mutogene, cancerogene, ecotossiche, corrosive e infettive. Questi rifiuti possono anche essere “domestici”, come le vernici, le batterie, i detersivi, le bombolette spray, i farmaci scaduti o i solventi. I rifiuti non pericolosi, invece, non presentano alcuna delle sopracitate caratteristiche.
Ma come si gestiscono i rifiuti pericolosi da utenze domestiche? La prima cosa da fare è leggere attentamente l’etichetta del prodotto. Ad esempio, nel caso in cui si tratti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, bisogna raccogliere il rifiuto negli appositi contenitori, portandolo in centri di raccolta specializzati. Non è possibile, di conseguenza, depositare il rifiuto tra i rifiuti generici, né tantomeno disperderlo nell’ambiente.  Mentre, nel caso in cui si tratti di bombolette spray, rifiuto infiammabile e pericoloso per l’ambiente, è necessario assicurarsi che l’oggetto sia completamente vuoto e portarlo in centri di raccolta dedicati. Non è possibile gettare il rifiuto ancora pieno tra i rifiuti generici, né tantomeno alternarne l’involucro esterno. Invece, nel caso in cui si tratti di un detersivo, rifiuto irritante, cioè nocivo per la salute per contatto con la pelle, inalazione o ingestione, e tossico o pericoloso per l’ambiente, è necessario assicurarsi che il recipiente sia completamente vuoto e raccoglierlo nell’apposito contenitore della differenziata. Non è possibile gettare il recipiente pieno tra i rifiuti generici, né tantomeno disperderlo nell’ambiente. In ultimo, nel caso in cui si tratti di solventi o vernici, rifiuti tossici per inalazione e via cutanea e tossico a lungo termine, (sensibilizzante vie respiratorie) che possono essere letali in caso di ingestione o penetrazione nelle vie respiratorie, è necessario raccogliere il rifiuto in appositi contenitori e portarlo nei centri di raccolta. Non è possibile gettare il rifiuto tra i rifiuti generici, né tantomeno disperderlo nell’ambiente.



martedì 19 febbraio 2019

Imprese, un risultato abbastanza positivo

Le Camere di Commercio prendono nota dei numeri: 348.492 nuove imprese (più di ottomila in meno dell’anno precedente) e 316.877 chiusure (circa seimila in più rispetto all’anno precedente).

Gli italiani continuano a impegnarsi nel settore imprenditoriale. Nonostante un’annata non “positivissima”, sicuramente meno favorevole del 2017, le imprese chiudono il 2018 con un saldo positivo tra aperture e chiusure, con una crescita dello 0,5%. Il risultato abbastanza positivo è stato frutto (quasi il 60%) anche di una buona prestazione del meridione e delle isole, che hanno segnato un bilancio positivo di circa diciottomila unità. Analizzando le quattordici Regioni che hanno conseguito un risultato migliore in termini assoluti, riscontriamo al primo posto il Lazio (+10.221), seguito da Campania (+7.866), Lombardia (+4.551), Puglia (+3.478), Sicilia (+3.293), Calabria (+1.387), Sardegna (+1.283), Toscana (+935), Abruzzo (+896), Trentino Alto-Adige (+500), Liguria (+421), Basilicata (+270), Molise (+212), Umbria (+128).       

Per quanto riguarda i settori, quelli con un maggior numero di imprese segnano un arretramento preoccupante: infatti, alle performances negative del settore manifatturiero, agricolo e delle costruzioni, già in negativo nel 2017, si aggiunge il settore commerciale con oltre seimila unità in meno. I restanti settori hanno chiuso il bilancio anagrafico in campo positivo. Inoltre, in termini assoluti, il settore più virtuoso è quello delle attività di alloggio e ristorazione, con ottomila imprese in più, seguito a ruota dai servizi professionali, tecnici e scientifici e le attività di noleggio e servizi alle imprese. Un altro risultato che lascia ben sperare proviene dalla sanità, cresciuta del 3,6%. Per quanto concerne l’artigianato, invece, il bilancio del 2018, con oltre tredicimila imprese chiuse, risulta peggiore di quello del 2017. Un trend davvero inquietante, che condanna in particolare le attività manifatturiere artigiane e i trasporti e magazzinaggio.

In definitiva crescono le società di capitale, mentre quelle individuali mostrano un leggero decremento. Come risolvere la situazione se non con un intervento politico deciso a favore delle nostre imprese? Attendiamo (si spera) buone nuove.





lunedì 18 febbraio 2019

L’Enea lancia l’allarme: entro il 2100 le coste italiane ridisegnate


L’Enea, ente pubblico di ricerca italiano che opera nei settori dell'energia, dell'ambiente e delle nuove tecnologie a sostegno delle politiche di competitività e di sviluppo sostenibile, presenta un bilancio preoccupante.

Secondo quanto emerge dal convegno romano Enea-Confcommercio “Pericolo Mediterraneo per l'economia del mare", riguardante l’economia del mare e l’innalzamento del Mediterraneo, entro il 2100 migliaia di km quadrati di aree costiere italiane rischiano di essere sommersi dal mare, nel caso in cui non si intervenga prontamente a sostegno delle zone a rischio. Durante l'incontro è stato firmato un Protocollo d'intesa sullo sviluppo sostenibile. Inoltre, è stato presentato uno studio dell'Enea riguardante l'impatto dell'innalzamento del Mediterraneo sui porti e le spiagge della nostra penisola, con un aggiornamento delle aree costiere a rischio.

Lo studio messo a punto dall’Enea evidenzia che sono ben 5600km quadrati e oltre 385km di aree costiere italiane le zone a rischio, causa primaria il riscaldamento globale. Perciò, entro la fine del secolo, il mare si innalzerà, secondo previsioni ottimistiche, di al minimo 0,94m e al massimo 1,035m, e secondo previsioni pessimistiche di al minimo 1,31 m e al massimo 1,45m.

Ma quali sono le aree a rischio? Scopriamole. Per quanto riguarda l’area adriatica troviamo a nord la zona tra Trieste, Venezia e Ravenna; in seguito, la foce del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo; l'area di Lesina e di Taranto in Puglia; La Spezia in Liguria, tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull'Isola d'Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana. Spostandoci al Centro e al Sud, sono minacciate la piana Pontina, di  Fondi e la foce del Tevere nel Lazio; la piana del Volturno e del Sele in Campania; l'area di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai e di Nodigheddu, Pilo, Platamona e Valledoria, di Porto Pollo e di Lido del Sole in Sardegna; Metaponto in  Basilicata; Granelli, Noto, Pantano Logarini  e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia; Gioia Tauro  e Santa Eufemia (Catanzaro) in Calabria.

L’innalzamento del Mediterraneo, oltre ad avere questo impatto devastante sull’ambiente delle realtà costiere italiane, causerebbe, ovviamente, evidenti ripercussioni sulle attività turistico-balneari e marittimo-portuali. Necessitano interventi determinati e tempestivi per la tutela e la salvaguardia delle nostre meravigliose coste, simbolo inconfondibile del belpaese, e della blue economy.
                                             foto tratta da www.dire.it 

domenica 17 febbraio 2019

Uso e abuso del decreto-legge

Breve analisi dal Governo Berlusconi IV al Governo Conte

Tutti i Governi, da Berlusconi a Conte, hanno utilizzato in maniera eccessiva i decreti-legge. L’analisi in questione, possibile grazie ai dati forniti da Openpolis e basata sul numero di decreti-legge realizzati al mese, vede in vetta il Governo Letta (valore di 2,78), seguìto dal Governo Monti (2,41). Di séguito, il Governo Conte (2,14), gli esecutivi Berlusconi IV (1,90), Renzi (1,70) e Gentiloni (1,18). [Dati Openpolis, https://www.openpolis.it/i-decreti-legge-continuano-a-monopolizzare-lattivita-di-governo-e-parlamento/]. 

Per comprendere appieno questa “patologia” è necessario partire dall’analisi della Costituzione. L’articolo 77 (commi II e III) stabilisce che Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.                                                                                          I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”

Seguendo quanto prescritto dalla Carta Costituzionale, il decreto-legge si adotta in “casi straordinari di necessità e urgenza”. Perciò, perché si possa realizzare un provvedimento del genere, è necessario che sussistano la “straordinarietà”, la “necessità” e l’”urgenza”, altrimenti mancherebbero gli elementi fondanti del decreto stesso. Il decreto-legge, per le peculiarità che presenta, se non viene convertito in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione, perde efficacia retroattivamente, quindi è come se non fosse mai esistito (tranne nei casi in cui abbia prodotto effetti irreversibili).

In questo modo i vari Governi, senza dover necessariamente passare attraverso il “filtro” parlamentare, possono adottare provvedimenti aventi forza di legge, cioè equivalenti alla legge, ad “efficacia limitata” (sessanta giorni). È ovvio che utilizzare il decreto-legge convenga, sia per la tempistica veloce che per l’arginamento della volontà parlamentare, anche se dovrebbe prevalere il rispetto per le “regole”. Perciò, l’utilizzo smodato non fa altro che alterare gli equilibri della forma di governo parlamentare, che vede nel Parlamento il suo fulcro. Ma al di là di questo punto, siamo sicuri che tutti i decreti-legge realizzati siano davvero urgenti e necessari? Visto un numero così elevato di tali atti verrebbe da dire di no.       
Inoltre, se da un lato, secondo la Corte Costituzionale (sent. n.171/2007), l'espressione presente nella Costituzione (art.77) deve avere un largo margine di elasticità, dall’altro questo presupposto si è modificato a tal punto che l’utilizzo del decreto-legge sembra quasi una valutazione di opportunità politica. Perciò, gli abusi che la prassi ha introdotto per quanto concerne questo provvedimento sono il sintomo di una profonda crisi (in relazione al sistema politico e al sistema giuridico). Ricordando Alberto Predieri, il decreto-legge si è trasformato in una specie di “disegno di legge governativo rafforzato”.

Treno Verde Legambiente 2019

Come ogni edizione, il Treno Verde, la campagna di Legambiente e del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, ospiterà sia cittadini che studenti, con l’obiettivo principale di informare circa le sfide intraprese attraverso mostre interattive e didattiche. Quest’anno la mostra a bordo del Treno Verde è totalmente dedicata ai temi dei cambiamenti climatici, dell'energia pulita, della mobilità sostenibile e delle buone pratiche presenti in Italia. Le dodici città interessate sono: Palermo, dal 18 al 20 febbraio; Bari, dal 22 al 24 febbraio; Napoli centrale, dal 26 al 28 febbraio; Roma termini, dal 2 al 4 marzo; Pescara, dal 6 all’8 marzo; Arezzo, dal 10 al 12 marzo, Civitanova Marche, dal 14 al 16 marzo; Padova, dal 22 al 14 marzo; Genova Piazza Principe, dal 26 al 28 marzo; Torino Porta Nuova dal 30 marzo all’1 aprile; Milano Porta Garibaldi, dal 3 al 5 aprile. La mostra gratuita sarà visitabile dal lunedì al sabato dalle 8:30 alle 14 per le scuole prenotate e dalle 16 alle 19 per tutti i visitatori, mentre la domenica è aperto dalle 10 alle 13. 


Le sfide portanti, al centro delle attività di Legambiente e che dovrebbero essere guardate con interesse dalla cittadinanza tutta, riguardano in particolar modo un futuro con mobilità a zero emissioni, la sharing economy, la riduzione dell’inquinamento secondo il principio “chi inquina paga”, ma non solo. Nella prima delle quattro carrozze, ad esempio, vengono approfonditi i rischi causati dall’inquinamento acustico ed atmosferico, analizzando in particolare l’incidenza dei trasporti sul clima e sulle nostre vite; nella seconda vengono proposte soluzioni innovative a zero emissioni; nella terza viene mostrata l’importanza del riciclo e il riutilizzo dei pneumatici per l’arredo urbano; nell’ultima, la quarta, vi è la possibilità di riflettere sulla promozione di questi cambiamenti grazie alla sharing mobility. Alcuni dei progetti presentati provengono dal Gruppo FS Italiane, altri dal mondo delle start up, con un’unica visione, quella di un futuro più ecosostenibile.

Il Presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, durante una conferenza stampa, alla presenza del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa e dell’AD FS Italiane Gianfranco Battisti, ha sottolineato che “per costruire concretamente l’uscita dalla mobilità inquinante, contrastare i cambiamenti climatici, ridurre l’inquinamento locale e rendere più vivibili le nostre città […] servono scelte coraggiose e di sistema che fino ad oggi sono mancate.” In seguito, aggiunge che “le politiche locali sicuramente possono dare un importante contributo nel cambiare le abitudini dei cittadini”, ma senza ambiziose politiche nazionali sarà difficile vincere questa sfida.

Bisognerebbe investire maggiori risorse economiche verso altri tipi di investimenti, quali quelli per le aree urbane per potenziare i trasporti pubblici e il trasporto ferroviario. Inoltre, è necessario guardare con maggiore interesse nei confronti della sharing mobility, fenomeno interno alla sharing economy, che riguarda la mobilità condivisa: in questo modo, gli spostamenti da un luogo all’altro avvengono con mezzi condivisi, cioè servizi di noleggio a ore del mezzo. Il potenziale di questo fenomeno è legato a doppio filo alla nascita e diffusione di piattaforme digitali che erogano il servizio. Auguriamoci che, grazie a questi esempi virtuosi forniti da Legambiente, uniti alla voce autorevole di esperti nel settore, sia possibile svoltare nella direzione giusta, cioè di maggiore attenzione circa le politiche ambientali.




venerdì 15 febbraio 2019

Caso Ilva, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia


La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte di Strasburgo) ha emesso la sentenza relativa ai procedimenti n.54414/13 (F. Cordella ed altri conto Italia) e 54264/15 e pesa come un macigno sull’Italia.
Ma partiamo dal principio. L’iniziativa, nel 2003, era stata promossa dalla dott.ssa D. Spera per conto di cinquantadue tarantini, servendosi della difesa dell’avv. S. Maggio e successivamente anche dell’avv. L. La Porta. In un secondo momento, per la precisione nel 2015, era stato presentato il medesimo ricorso da altri centrotrenta tarantini. Alla luce delle due iniziative la Corte aveva deciso di unire le due istanze. I centottanta cittadini di Taranto hanno accusato lo Stato italiano di non aver tutelato né la salute dei cittadini né l’ambiente circostante, precisando che le disposizioni normative adottate hanno avuto il solo obiettivo di tutelare l’Ilva. Alla Corte Europea è stato chiesto di riconoscere, ai tarantini, il loro diritto di vivere in un ambiente salubre. Con la decisione presa, la Prima Sezione della Corte ha riconosciuto la giusta richiesta dei tarantini, dichiarando la violazione degli artt.8 e 13 da parte dell’Italia e la condanna a risarcire a ciascuno dei ricorrenti con 5mila euro. Al di là di questo, però, la Corte dei Diritti dell’Uomo condanna “moralmente “la condotta dei politici italiani.   La Corte di Strasburgo ha stabilito che “il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell’Ilva ha messo in pericolo la salute dell’intera popolazione, che vive nell’area a rischio” e, inoltre, aggiunge che le autorità nazionali non hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti. In più, la Corte insiste affinché le misure per assicurare la protezione dell’ambiente e della salute vengano attuate il prima possibile.
Va fatto notare che nella decisione si sottolinea che i cittadini non hanno avuto modo di ricorrere davanti a un giudice italiano contro l’impossibilità di ottenere misure anti inquinamento, e che quindi è stato violato il loro diritto a un ricorso effettivo”. In generale, i giudici non hanno ritenuto necessario far cessare l’attività dell’Ilva, limitandosi a insistere sulla necessità di un piano antiinquinamento.  I giudici hanno anche criticato la “immunità amministrativa e penale” concessa per legge “alle persone incaricate di garantire il rispetto delle prescrizioni in materia ambientale”, cioè gli acquirenti di Ilva e gli amministratori straordinari. La sentenza diviene definitiva se entro tre mesi le parti non ricorrano. 
Aspettiamo di conoscere gli sviluppi della questione, sperando in una decisione positiva per tutto l'ambiente. 
(foto tratta da www.ilpost.it) 

Le "fake news": cosa sono e come riconoscerle.


Ultimamente, non di rado, è possibile sentir parlare di “fake news”: alla televisione, sui giornali, sul web e persino nel bar sotto casa. Ma le “fake news”, meglio note come “bufale”, non sono niente di nuovo. Infatti, creare notizie false ad hoc per confondere i nemici o veicolare maggior consenso attorno a sé sono pratiche obsolete. Se non fosse che, oggi a differenza di ieri, la presenza dei social network facilita la diffusione di tali notizie, rendendole virali in poco tempo. Perciò, considerato che la rete tende ad “amplificare” tali fenomeni, che si propagano grazie alle condivisioni, è utile conoscere qualche rimedio da mettere in pratica nel caso in cui aveste il sospetto di trovarvi di fronte ad una bufala. Ecco cosa fare!

·        CONSIDERA LA FONTE. Per capire se ti trovi di fronte ad una notizia falsa o meno, la prima cosa da fare è controllare la fonte. Leggi l’URL: se vedi un sito simile ma non uguale ad uno famoso (es. Cortiere della Sera, Retubblica, Il Ratto quotidiano, ecc.)  ti trovi di fronte ad una piattaforma che è fonte di notizie false.

·        LEGGI OLTRE IL TITOLO. Non fermarti al titolo: spesso l’inganno si può svelare subito dopo, leggendo ciò che segue.

·        CONTROLLA L’AUTORE. Cerca di capire se chi scrive è davvero chi dice di essere. Leggi la biografia e cerca di controllare se corrispondono al vero le notizie riportate.

·        RICERCA INVERSA DELLE IMMAGINI: vai su su Google Immagini e controlla l’immagine che consideri sospetta per scoprire se è relativa ad un altro evento o è stata già postata altrove.

·        CONTROLLA LA DATA. Spesso accade che una notizia non sia falsa, ma semplicemente si riferisca ad un altro fatto accaduto tempo addietro. Perciò, quando leggi un articolo, controlla sempre la data per assicurarti che la notizia sia “fresca” e non “riciclata”.

·        SI TRATTA DI SATIRA? È UNO SCHERZO? Spesso accade che le notizie palesemente assurde, strane o inverosimili siano frutto di scherzi o satira. Controlla se il sito in questione svolge attività di questo tipo.

·        CONSULTA ALTRI SITI. Spesso, ma non sempre, se una notizia è condivisa da più testate, potrebbe essere attendibile. Controlla se altri siti, che consideri affidabili, trattano quella notizia.

·        CONTROLLA I SITI DI FACT-CHECKING. Esistono dei siti che si occupano di debunking, cioè smentiscono notizie false, dichiarazioni esagerate, antiscientifiche o inventate ad hoc. Controllali spesso, in modo tale da confermare i tuoi dubbi

·        SEGNALA LE NOTIZIE FALSE. Una volta effettuate queste operazioni, se ritieni che una notizia sia falsa segnalala. È il modo migliore per far sì che venga eliminata.

·        CONDIVIDI SOLO NOTIZIE CHE RITIENI VERE. Condividi una notizia solo dopo aver esperito tutti i passaggi sopracitati. Non condividere notizie false, poiché rischi che si inneschi l'effetto “domino” e vengano condivise da tante altre persone.

Chi ha preso provvedimenti per limitare la diffusione delle “bufale” (fake news)? Google, ad esempio, ha deciso di contrastare i siti cosiddetti “acchiappaclick” bloccando la pubblicità sui propri domini. In Repubblica Ceca è stata istituita una “unità governativa” con lo scopo di contrastare eventuali influenze russe in campo informativo. In Italia era stata realizzata un’iniziativa di informazione (e formazione) per le scuole, grazie alla collaborazione tra MIUR e Camera dei deputati, che prevedeva la realizzazione di un decalogo (facilmente rintracciabile sul web) per riconoscere le notizie false e segnalarle senza perder tempo. Queste non sono altro che pochi esempi, giusto per capire l’interesse nei confronti della corretta informazione.

In ultimo, mi preme far conoscere l’esistenza dell’International Fact-Checking Day (https://factcheckingday.com/), celebrato il 2 aprile e promosso dall’International Fact-Checking Network di concerto con altre testate impegnate in questo ambito. Sul sito sopracitato è possibile reperire importanti informazioni al riguardo. Dai un’occhiata!


Foto tratta da humebrophy.com



giovedì 14 febbraio 2019

Approfondimento per la Calabria (vedi articolo "Italia, investiamo nella cultura!")


Precedente articolo a cui fare riferimento:  https://avapertisverbis.blogspot.com/2019/02/italia-investiamo-nella-cultura.html

Con riguardo all’articolo “Italia, investiamo nella cultura”, ho deciso di verificare la presenza sul web e sui social (Sito web, account Facebook e account Instagram) delle strutture museali calabresi, poiché sono nato e vivo a Reggio Calabria. L’analisi che ho condotto è solo tendenziale, avendo preso come campione un ristretto numero di strutture (15 per provincia, in totale 75).  
In primo luogo, bisogna partire da un dato negativo: il 29% delle strutture museali analizzate non possiede un proprio sito web, account Facebook o account Instagram. Questa percentuale incide moltissimo sulle possibilità che le strutture in questione suscitino interesse nel turista: quest’ultimo, infatti, non trovando alcuna informazione circa il patrimonio della struttura, la vendita di biglietti online, orari e posizione, o pareri di altri turisti (recensioni), potrebbe decidere di passare oltre. Perciò nel terzo millennio, era della digitalizzazione, è necessario avere (almeno) un sito web, anche se i social sono spesso i più consultati. A questo punto, collegandomi alla ricerca a livello nazionale da me precedentemente realizzata [Nel caso in cui le strutture museali decidessero di raccogliere questa sfida, potrebbero investire in risorse umane (nuovi dipendenti) che abbiano le competenze necessarie per digitalizzare il patrimonio artistico. Per di più, secondo la Oxford Economics, se la prospettiva sopracitata diventasse realtà, il Pil crescerebbe dell’1% e la domanda turistica del 10%, percentuali pari a circa 250 mila nuovi posti di lavoro!] è possibile affermare che si riuscirebbero a creare anche in Calabria nuovi posti di lavoro, se le nostre risorse storico-archeologiche venissero “sfruttate” al meglio. 
In secondo luogo, è necessario sottolineare l’impegno “digitale” (e molto positivo) di alcune strutture museali, cioè quelle presenti su tutte e tre le piattaforme prese in considerazione, che rappresentano il 14% della mia ricerca. Le Province che totalizzano un numero minore di strutture museali senza una piattaforma online sono Cosenza e Catanzaro, mentre la Provincia di Crotone ha il numero maggiore di musei senza piattaforma online. La provincia di Reggio Calabria risulta quella con un numero maggiore di strutture museali con piattaforma online.
Di seguito riporto i grafici riguardanti la situazione in a) Calabria; b) Reggio Calabria e provincia;  c) Cosenza e provincia; d) Catanzaro e provincia; e) Vibo Valentia e provincia; f) Crotone e provincia.