domenica 17 febbraio 2019

Uso e abuso del decreto-legge

Breve analisi dal Governo Berlusconi IV al Governo Conte

Tutti i Governi, da Berlusconi a Conte, hanno utilizzato in maniera eccessiva i decreti-legge. L’analisi in questione, possibile grazie ai dati forniti da Openpolis e basata sul numero di decreti-legge realizzati al mese, vede in vetta il Governo Letta (valore di 2,78), seguìto dal Governo Monti (2,41). Di séguito, il Governo Conte (2,14), gli esecutivi Berlusconi IV (1,90), Renzi (1,70) e Gentiloni (1,18). [Dati Openpolis, https://www.openpolis.it/i-decreti-legge-continuano-a-monopolizzare-lattivita-di-governo-e-parlamento/]. 

Per comprendere appieno questa “patologia” è necessario partire dall’analisi della Costituzione. L’articolo 77 (commi II e III) stabilisce che Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.                                                                                          I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”

Seguendo quanto prescritto dalla Carta Costituzionale, il decreto-legge si adotta in “casi straordinari di necessità e urgenza”. Perciò, perché si possa realizzare un provvedimento del genere, è necessario che sussistano la “straordinarietà”, la “necessità” e l’”urgenza”, altrimenti mancherebbero gli elementi fondanti del decreto stesso. Il decreto-legge, per le peculiarità che presenta, se non viene convertito in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione, perde efficacia retroattivamente, quindi è come se non fosse mai esistito (tranne nei casi in cui abbia prodotto effetti irreversibili).

In questo modo i vari Governi, senza dover necessariamente passare attraverso il “filtro” parlamentare, possono adottare provvedimenti aventi forza di legge, cioè equivalenti alla legge, ad “efficacia limitata” (sessanta giorni). È ovvio che utilizzare il decreto-legge convenga, sia per la tempistica veloce che per l’arginamento della volontà parlamentare, anche se dovrebbe prevalere il rispetto per le “regole”. Perciò, l’utilizzo smodato non fa altro che alterare gli equilibri della forma di governo parlamentare, che vede nel Parlamento il suo fulcro. Ma al di là di questo punto, siamo sicuri che tutti i decreti-legge realizzati siano davvero urgenti e necessari? Visto un numero così elevato di tali atti verrebbe da dire di no.       
Inoltre, se da un lato, secondo la Corte Costituzionale (sent. n.171/2007), l'espressione presente nella Costituzione (art.77) deve avere un largo margine di elasticità, dall’altro questo presupposto si è modificato a tal punto che l’utilizzo del decreto-legge sembra quasi una valutazione di opportunità politica. Perciò, gli abusi che la prassi ha introdotto per quanto concerne questo provvedimento sono il sintomo di una profonda crisi (in relazione al sistema politico e al sistema giuridico). Ricordando Alberto Predieri, il decreto-legge si è trasformato in una specie di “disegno di legge governativo rafforzato”.

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