Breve analisi dal Governo Berlusconi IV al Governo Conte
Tutti i Governi, da Berlusconi a Conte, hanno utilizzato in maniera
eccessiva i decreti-legge. L’analisi in questione, possibile grazie ai dati
forniti da Openpolis e basata sul numero di decreti-legge realizzati al mese,
vede in vetta il Governo Letta (valore di 2,78), seguìto dal Governo Monti
(2,41). Di séguito, il Governo Conte (2,14), gli esecutivi Berlusconi IV
(1,90), Renzi (1,70) e Gentiloni (1,18). [Dati Openpolis, https://www.openpolis.it/i-decreti-legge-continuano-a-monopolizzare-lattivita-di-governo-e-parlamento/].
Per comprendere appieno questa “patologia” è necessario partire dall’analisi della Costituzione. L’articolo 77 (commi II e III) stabilisce che “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.”
Seguendo quanto prescritto dalla Carta Costituzionale, il
decreto-legge si adotta in “casi straordinari di necessità e urgenza”. Perciò,
perché si possa realizzare un provvedimento del genere, è necessario che
sussistano la “straordinarietà”, la “necessità” e l’”urgenza”, altrimenti
mancherebbero gli elementi fondanti del decreto stesso. Il decreto-legge, per
le peculiarità che presenta, se non viene convertito in legge entro sessanta
giorni dalla pubblicazione, perde efficacia retroattivamente, quindi è come se
non fosse mai esistito (tranne nei casi in cui abbia prodotto effetti
irreversibili).
In questo modo i vari Governi, senza dover necessariamente passare
attraverso il “filtro” parlamentare, possono adottare provvedimenti aventi
forza di legge, cioè equivalenti alla legge, ad “efficacia limitata” (sessanta
giorni). È ovvio che utilizzare il decreto-legge convenga, sia per la
tempistica veloce che per l’arginamento della volontà parlamentare, anche se
dovrebbe prevalere il rispetto per le “regole”. Perciò, l’utilizzo smodato non
fa altro che alterare gli equilibri della forma di governo parlamentare, che
vede nel Parlamento il suo fulcro. Ma al di là di questo punto, siamo sicuri
che tutti i decreti-legge realizzati siano davvero urgenti e necessari? Visto un
numero così elevato di tali atti verrebbe da dire di no.
Inoltre,
se da un lato, secondo la Corte Costituzionale (sent. n.171/2007),
l'espressione presente nella Costituzione (art.77) deve avere un largo margine
di elasticità, dall’altro questo presupposto si è modificato a tal punto che
l’utilizzo del decreto-legge sembra quasi una valutazione di opportunità
politica. Perciò,
gli abusi che la prassi ha introdotto per quanto concerne questo provvedimento sono
il sintomo di una profonda crisi (in relazione al sistema politico e al sistema
giuridico). Ricordando Alberto Predieri, il decreto-legge si è trasformato in
una specie di “disegno di legge governativo rafforzato”.
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