venerdì 15 febbraio 2019

Caso Ilva, la Corte di Strasburgo condanna l'Italia


La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte di Strasburgo) ha emesso la sentenza relativa ai procedimenti n.54414/13 (F. Cordella ed altri conto Italia) e 54264/15 e pesa come un macigno sull’Italia.
Ma partiamo dal principio. L’iniziativa, nel 2003, era stata promossa dalla dott.ssa D. Spera per conto di cinquantadue tarantini, servendosi della difesa dell’avv. S. Maggio e successivamente anche dell’avv. L. La Porta. In un secondo momento, per la precisione nel 2015, era stato presentato il medesimo ricorso da altri centrotrenta tarantini. Alla luce delle due iniziative la Corte aveva deciso di unire le due istanze. I centottanta cittadini di Taranto hanno accusato lo Stato italiano di non aver tutelato né la salute dei cittadini né l’ambiente circostante, precisando che le disposizioni normative adottate hanno avuto il solo obiettivo di tutelare l’Ilva. Alla Corte Europea è stato chiesto di riconoscere, ai tarantini, il loro diritto di vivere in un ambiente salubre. Con la decisione presa, la Prima Sezione della Corte ha riconosciuto la giusta richiesta dei tarantini, dichiarando la violazione degli artt.8 e 13 da parte dell’Italia e la condanna a risarcire a ciascuno dei ricorrenti con 5mila euro. Al di là di questo, però, la Corte dei Diritti dell’Uomo condanna “moralmente “la condotta dei politici italiani.   La Corte di Strasburgo ha stabilito che “il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell’Ilva ha messo in pericolo la salute dell’intera popolazione, che vive nell’area a rischio” e, inoltre, aggiunge che le autorità nazionali non hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti. In più, la Corte insiste affinché le misure per assicurare la protezione dell’ambiente e della salute vengano attuate il prima possibile.
Va fatto notare che nella decisione si sottolinea che i cittadini non hanno avuto modo di ricorrere davanti a un giudice italiano contro l’impossibilità di ottenere misure anti inquinamento, e che quindi è stato violato il loro diritto a un ricorso effettivo”. In generale, i giudici non hanno ritenuto necessario far cessare l’attività dell’Ilva, limitandosi a insistere sulla necessità di un piano antiinquinamento.  I giudici hanno anche criticato la “immunità amministrativa e penale” concessa per legge “alle persone incaricate di garantire il rispetto delle prescrizioni in materia ambientale”, cioè gli acquirenti di Ilva e gli amministratori straordinari. La sentenza diviene definitiva se entro tre mesi le parti non ricorrano. 
Aspettiamo di conoscere gli sviluppi della questione, sperando in una decisione positiva per tutto l'ambiente. 
(foto tratta da www.ilpost.it) 

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