I numeri, sfortunatamente, parlano chiaro e il trend negativo continua.
In Italia il numero di costruzioni abusive,
spesso ad uso abitativo, continua ad essere inesorabilmente
troppo alto. Ma quando si parla di “abusivismo edilizio”, cosa si intende
realmente? Ebbene, gli abusi edilizi non sono altro che illeciti urbanistici, cioè
costruzioni che non rispettano le normative di legge vigenti, il piano
regolatore urbano e che non di rado rinvigoriscono i già floridi traffici della
criminalità organizzata, con l’utilizzo di materiali a basso costo ma non
omologati. Per fare luce su questo problematico “caso”, bisogna rintracciarne
le radici nel Secondo Dopoguerra. In quel periodo infatti, poiché l’Italia, da
sconfitta, aveva subìto un forte impoverimento, le esigenze primarie
rispondevano indubbiamente a semplici pasti ma ancor di più ad un focolare
domestico da poter condividere con i propri congiunti. Quindi spesso succedeva
che gruppi di persone si unissero per lavorare alla costruzione di “baracche”, di
norma con pochi vani, che abitualmente venivano ultimate in una sola notte:
tanto che, nel successivo boom edilizio, furono tantissimi i quartieri che si
svilupparono sulle costruzioni preesistenti, sulle quali è più che lecito
dubitare in quanto a stabilità e corretta progettazione. Senza tener conto che,
oltre ai problemi già citati, si aggiungeva un’urbanizzazione ai limiti del
selvaggio, che portava a dover edificare in località poco sicure (soggette a
frequenti scosse sismiche) oltre che limitrofe al mare (le classiche abitazioni
estive odierne che si affacciano direttamente sulla spiaggia!). Sono indubbie
le conseguenze che tutto ciò ha prodotto fino ai giorni nostri: esempio più che
evidente risultano essere le frequenti scosse sismiche che, anche se non
particolarmente elevate, causano elevati danni. Per avere maggiore contezza di
questa situazione, basta leggere i seguenti numeri: nel 2016, stando al BES (“Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile”), il numero di abitazioni abusive
costruite per ogni cento abitazioni legali era il 19,6, poi sceso al 19,4 nel
2017. Inoltre, per una completa ed approfondita comprensione, non si può
prescindere da un’ulteriore analisi, cioè quella relativa al dato territoriale
(differenze Nord e Centro-Sud). Il Nord-Est, la zona oggettivamente più
virtuosa, totalizza il 5,5 nel 2017; il Nord-Ovest registra un 5,9; le regioni
del Centro totalizzano un 20,7; le regioni del Sud registrano un abbattente
49,9; in ultimo, le Isole presentano un 47,1. Al di là dei dati del BES, è
ancora più utile menzionare i dati del rapporto “Abbatti l’abuso” di Legambiente (2018), redatto e
presentato a Palermo. In particolare, bisogna ricordare che nel momento in cui
un edificio viene colpito da ordine di abbattimento deve essere demolito entro
novanta giorni. In caso contrario, l’edificio diventa di proprietà del Comune, che ha facoltà di
scegliere se abbatterlo o destinarlo ad usi pubblici. Ma i dati smentiscono
tali scelte. Secondo il sopracitato
rapporto, le acquisizioni comunali sono state 1.850, su un totale di 57.432 abusi non demoliti (il 3% circa). I dati oscillano in
base alla Regione di riferimento. In Campania, il 97% delle case abusive
costruite negli ultimi 14 anni non è stato demolito, in Calabria sono state
effettuate il 6% di demolizioni e in Puglia
il 16.4%. In Friuli
Venezia-Giulia gli abbattimenti eseguiti corrispondono al 65.1%
degli abusi, in Lombardia al 37.3%, in Veneto al 31.5% e in Toscana al 24.8%.
Ma, a questo punto, quali
potrebbero essere le soluzioni alla piaga dell’abusivismo? Cercherò di offrirvi
qualche spunto. In primo luogo, in una vecchia proposta di legge, Legambiente
aveva proposto una misura drastica, ma più che utile: nel caso in cui i Comuni
non dovessero provvedere a regolarizzare e a smaltire le pratiche di abbattimento degli
immobili abusivi entro tempi ragionevoli, si procederebbe allo scioglimento dei
Consigli. Questa eventualità risulta particolarmente dura ma democratica, quindi auspicabile, e potrebbe rappresentare una sorta di “deterrente”. In secondo
luogo, sarebbe auspicabile un “calendario” degli abbattimenti ad opera dei
Comuni, da seguire tassativamente, cosicché i cittadini siano informati circa
lo svolgimento di queste attività: in caso di mancate “promesse”, i cittadini
potrebbero far valere la “responsabilità politica” degli amministratori, per
mezzo dell’opposizione o con l’eventualità di non rieleggere, nelle successive consultazioni elettorali, gli stessi
individui. In ultimo, una legge efficace dovrebbe prevedere una distinzione
evidente e tangibile tra le diverse tipologie di illecito urbanistico,
disponendo sanzioni più pesanti per chi costruisce in assenza di un permesso, e
più lievi per chi, in presenza di un permesso, ecceda le disposizioni previste.
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