Il rapporto “Cities and circular economy for food”
della Ellen McArthur Foundation evidenzia che entro il 2050 ben l’80% del cibo prodotto nel mondo sarà
consumato nelle città. Ciò significa che le città svolgeranno un ruolo importantissimo
nella possibile transizione verso un sistema innovativo di produzione del cibo,
che sia capace di produrre cibi sani senza annientare l’ambiente. Secondo
questa ricerca, i centri urbani dovranno recuperare i sottoprodotti e gli
scarti, diminuire gli sprechi e commercializzare alimenti più sani. Questi
accorgimenti potrebbero produrre benefici per oltre 2,7
trilioni di dollari all’anno.
Approfondiamo la questione. Le aree urbane riuscirebbero
ad influenzare particolarmente i sistemi di
coltivazione e di produzione, in virtù del consumo alimentare notevole.
In questo modo, i consumatori “plasmerebbero” i produttori, inducendoli alla
ricerca di nuovi approcci nei confronti della terra, che vadano oltre l’utilizzo
di fertilizzanti inquinanti, per favorire fertilizzanti organici e promuovere la
biodiversità. Questo nuovo approccio potrebbe favorire anche le colture locali
e il commercio su scala ridotta, dando uno slancio maggiore all’economia locale.
E in ultimo, le città stesse, veri centri del consumo alimentare, potrebbero
trasformare gli scarti per produrre biomateriali innovativi
E i benefici? Il rapporto “Cities and circular economy
for food” elenca e calcola i benefici: la riduzione delle emissioni serra collegata
all’abbreviamento delle catene alimentari condurrebbe ad un risparmio di 4,3
miliardi di tonnellate di CO2; l’attuazione di attività agricole rigenerative diminuirebbe
i costi sanitari di 550 miliardi di dollari; per mezzo dell’utilizzo di
sottoprodotti alimentari e grazie alla riduzione degli sprechi si risparmierebbero
700 miliardi dollari l’anno. Oggi, di contro, per ogni dollaro speso per un
alimento, la società ne paga il doppio.
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