domenica 3 marzo 2019

Propaganda social, a che punto siamo?

Nonostante in Italia esistano le norme elettorali “di contorno” (par condicio, spese elettorali, rendicontazione, funzionamento della campagna, affissione manifesti, ecc.), la propaganda politica online, sempre più diffusa, è interamente libera. La questione diventa ancora più urgente con l’avvento delle “Europee” (elezioni per il Parlamento Europeo), questo vuoto normativo deve essere colmato.

La legge n.212/1956 “Norme per la disciplina della propaganda elettorale” e la n.515/1993 “Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica” non sono state modificate e disposte, in concreto, secondo l’utilizzo che tutte le forze politiche mettono in atto dei canali social e online. Perciò, urgono norme precise in vista delle nuove consultazioni. In particolare, ad oggi, nelle pubblicità online non vi è l’obbligo di evidenziare chi sia colui che finanza l’inserzione; nel rendiconto spese che bisogna depositare alle fine di ogni campagna elettorale non vi è l’obbligo di comprendere le spese per la propaganda online; in ultimo, l’obbligo del silenzio elettorale non ha applicazione per internet, perlomeno secondo una disposizione precisa. A livello internazionale, le campagne elettorali social si stanno affermando sempre di più: basti pensare che negli Stati Uniti, per le elezioni presidenziali del 2016, è stato speso un miliardo di dollari circa per le pubblicità politiche online. In Italia, tenendo conto dei presupposti sopracitati, ovvero l’assenza di obblighi di “trasparenza” in merito agli investimenti e l’impossibilità di tracciare la quantità delle singole inserzioni, è inattuabile qualsiasi tipo di controllo o quantificazione del fenomeno di campagne elettorali digitali. Qualche tentativo a riguardo è stato effettuato dalla Commissione Europea, che in una comunicazione ha evidenziato la necessità di offrire alle organizzazioni l’accesso alle piattaforme di raccolta dati, accrescere le ispezioni per la chiusura dei profili falsi e assicurare maggiore trasparenza riguardo i contenuti sponsorizzati. Inoltre, alcune piattaforme online hanno messo a disposizione diversi mezzi per far chiarezza sul fenomeno, legato a doppio filo con l’esplosione delle “fake news” (di cui ho trattato in un precedente articolo). In particolare, Google ha affermato che, entro la primavera di quest’anno, proporrà un sito, realizzato sulla falsariga dell’omologo americano, con la principale finalità di analizzare attentamente le pubblicità politiche. In questo modo, l’autore della sponsorizzazione di un contenuto politico dovrà attestare di essere un cittadino europeo. Invece, Twitter asserisce che la sua iniziativa, già messa a punto altrove, inizierà l’11 marzo: qualunque inserzionista dovrà fare domanda per accreditarsi ufficialmente presso il social network prima di sponsorizzare qualsivoglia contenuto, in modo tale da mostrare i tweet sponsorizzati dei profili certificati, con annesso finanziamento. Anche Facebook ha aderito a questa sfida, impegnandosi a riproporre uno strumento già rodato in altri stati: il social richiederà, ai vari partiti in lizza per le elezioni, di registrarsi in ogni stato membro in cui realizzeranno la campagna elettorale, in modo tale da compilare un archivio.

In definitiva, c’è un impellente bisogno di nuove norme che regolino la mutata realtà elettorale. Il Parlamento italiano deve intervenire tempestivamente, cosicché non si verifichino episodi anomali, come è accaduto in passato. Confido in un intervento legislativo, considerando che ancora manca qualche mese per le consultazioni elettorali.  
foto tratta da magzine.it





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