Il New York Times loda Jeff Bridges, uno dei paladini del “Life Without Plastic”, un nuovo stile di vita.
I
cittadini di diversi paesi del mondo hanno preso coscienza, da qualche tempo, circa
la gravità dell’utilizzo spropositato della plastica. Quindi, non solo i “vip”
o gli esperti del settore si mobilitano per questa causa, ma è ormai sotto gli
occhi di tutti questo fenomeno disastroso. Isole di rifiuti, oltre trecento
milioni di tonnellate di plastica rovesciate ogni anno nelle discariche o nei corsi
d’acqua, mammiferi e uccelli soffocati dai sacchetti di plastica e dai
palloncini: tutto questo ha risvegliato orde di cittadini pronti a “combattere”.
Per
fare un esempio, sia nella East che nella West Coast degli stati uniti,
moltissime città hanno bandito i sacchetti di plastica dai supermercati, e
anche in Europa sono state messe a punto delle contromisure utili.
Ma
quali furono i primi negozi “plastic free”? Tra i primi va annoverato un negozio
canadese (Wakefield Québec), che ben 13 anni fa decise di fregiarsi del titolo
di “Life Without Plastic”. Inoltre, sempre a negli States, a
New York per la precisione, esistono i negozi per "plasticofobi", che vendono i
raccoglitori di feci canine in carta e le bottiglie del riuso in silicone. In
più, i grandi marchi di bibite, come Pepsi, accarezzano l’idea di tornare alle
bottiglie di vetro riciclabili. Ma non solo. In Italia è stata realizzata la
campagna “#StopSingleUsePlastic”,
lanciata in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente 2018, nella quale si chiedeva che venisse
realizzato un provvedimento per vietare
l’uso delle plastiche monouso in tutte le sedi delle istituzioni, subito
accolto Ministero dell’Ambiente. La suddetta campagna, che ha riscosso un
notevole successo, è servita altresì per sancire un importante impegno preso Ministro
Costa: promulgare la legge Salvamare, nata anch’essa da un’iniziativa di
Marevivo, che vieta la plastica monouso, anticipando la stessa Direttiva Europea.
Ed è ancora il Belpaese a dimostrarsi sensibile a queste tematiche, attraverso la
realizzazione delle “bottiglie del vuoto a buon rendere”, prodotte dalla birra
sarda Ichnusa. In Sardegna, infatti, il vuoto resiste
ancora e rappresenta una azione rinsaldata e virtuosa, e che Ichnusa da sempre impiega.
La
birra continua a essere prodotta nei formati classici, ovvero 0,20, 0,33 e 0,66
cl, anche se per renderla più caratteristica è stato approntato il tappo verde,
che riporta la dicitura "Vuoto a buon rendere. Ichnusa per la
Sardegna". Perciò, partendo da questi modelli ben
consolidati e validi, bisognerebbe fare della lotta alla plastica un baluardo
nazionale.
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