Qualcosa su muove in vista del nuovo incontro sul clima indetto dalle Nazioni Unite a New York nel settembre 2019.
Partiamo dal principio. Il Parlamento Europeo,
il 14 marzo, ha approvato una risoluzione nella quale sancisce la necessità di
un impegno maggiore, da parte dell'Unione europea, nella riduzione dei gas serra al 55% rispetto alle emissioni del 1990. Attualmente
la soglia è al 40%.
L'IPCC e dell'UNEP condividono la
necessità di pervenire ad emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050,
affinché esista una possibilità di conservare l’aumento globale della
temperatura al di sotto dei 2°C (valore stabilito dall'Accordo di Parigi).
Perciò la Commissione Europea ha deciso di pubblicare il rapporto “Un pianeta pulito per
tutti - Visione strategica a lungo termine per un'economia prospera, moderna,
competitiva e climaticamente neutra”, attraverso la quale ha rinforzato
l'obiettivo “quota zero”, a maggior ragione in vista del vertice europeo di
maggio a Sibiu. Questo primo obiettivo è propedeutico alla mitigazione del
cambiamento climatico, come già detto, per non rischiare ulteriori danni all’ambiente.
Seguendo gli impegni finora presi, secondo una stima delle Nazioni Unite, non
si riuscirebbe a mantenere il limite di 2°C stabilito a Parigi, ma si rischierebbe
un aumento fino a 3,2°C circa. Inoltre, sempre dati alla mano (resoconto della
Commissione), il Pil europeo troverebbe terreno fertile in uno scenario ad
emissioni di gas serra pari a zero, piuttosto che in una situazione di riduzione
minima. Ma non solo. La dipendenza dell'Europa dalle importazioni energetiche
scenderebbe dal 55% al 20%, con un evidente risparmio. Senza contare che, in
una società ad emissioni zero, correremmo rischi minori in quanto a salute e
sicurezza.
In ultimo, è evidente che anche l’Italia
debba tener conto di queste stime per partecipare ad un cambiamento di rotta.
Meglio agire ora che avere rimpianti.
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